Amazon, le librerie di quartiere e la politica

Questo post nasce dopo la lettura dell’articolo di Nadia Terranova sulla libreria della sua infanzia, dopo la risposta di Aldo Cazzullo che parlando della chiusura dei piccoli negozi di quartiere  scriveva “Come non vedere che molti negozi – di quartiere – sono anche punti di incontro?”, arriva  dopo la chiusura della terza libreria romana in un mese.

Voi, voi, diceva l’agente di un gigante dell’editoria, con la voce tremante, dispiaciuta, impotente, lo sapete cosa siete voi librerie indipendenti, tutte insieme, in tutta Italia?
Lo sapete cosa siete per loro? Il 20%.
Niente.
Niente.
E di voi, credici, non gliene importa niente. Davvero.
Già.
Siamo il 20% di quelle librerie che chiudono.
Il 20% di quelle librerie che l’online fa fuori.
Il 20% a cui, per aprire un conto, i grandi chiedono le fideiussioni.
Il 20% per cui se non fai in tempo a prendere un titolo prima dell’annuncio del premio tal dei tali, quel libro non lo puoi avere, non riesci a prenotarlo. Hai la finestra bloccata, perché prima deve andare in promozione nelle librerie di catena, prima in sconto online e poi – forse – a prezzo pieno da te
Ma cosa importa?
Noi siamo il 20%. Niente.
Solo che noi siamo l’80% che paghiamo le tasse, le luci, i rifiuti.
Siamo l’80% che ancora possiamo chiamarci librai e non commessi perché noi, quel niente, quel libro prima di venderlo (la libraia ha scritto venderlo) lo leggiamo, lo commentiamo, lo ragioniamo, lo recensiamo e infine lo consigliamo.
Il titolo giusto alla persona giusta. Non il primo in classifica, non quello della firma famosa e punto.
Noi siamo quelli del “non c’è ma glielo ordino se vuole”, e loro ti dicono “ma mi hanno detto che non si poteva”.
Noi siamo quelli che, “posso sedermi?” “prego, si accomodi”.
Noi siamo quelli dei Gruppi di lettura ogni mese.
Noi siamo quell’80% che forma i lettori che andranno nelle librerie di catena o a comprare libri online.
Noi siamo l’80% che ancora investe, davvero, in cultura.
Il resto sono chiacchiere. Distanti anni luce dalla realtà
Come i bandi che ci propinano e che di concreto hanno pochissimo.
Perché un bando sulla digitalizzazione e sull’estero? Perché, se io sono per natura – non per vocazione – libreria di quartiere, di prossimità? Perché non pensare a sostegni più vicini alla mia quotidianità?
Perché?
Oggi la libraia esce dal limbo di questi primi giorni di sosta (hai lavorato in questi giorni? le ha chiesto un simpatico uomo di mondo che si muove di poltrona in poltrona… hai lavorato nei giorni di ferie?!?… sì, ha lavorato perché quando i corrieri non consegnano in tempo, la libreria sotto casa funziona) per dire che o si cambia profondamente o di quel 20% resteremo in pochi. E tra 10 anni, ce ne accorgeremo tutti.
Come del clima o degli Usa e dell’Iran o di qualsiasi tragedia leggiamo sulle prime pagine.
È qui, ora, davanti ai nostri occhi.
Arriveranno le regionali, le comunali e ancora non abbiamo visto una politica seria sulla scuola. Una politica sulla lettura.
Un piano strutturato per alfabetizzare questo paese.
Alfabetizzare. Che vuol dire capacità di ragionare e comprendere uomini, contesti e situazioni.
Pensiamoci, quando sceglieremo un regalo, un dono, o un acquisto online.
Pensateci, quando faremo un regalo alla scuola, ai docenti.
Pensiamoci, quando saremo in azienda a ragionare su responsabilità sociale d’impresa e fondi europei e linee programmatiche.
Pensateci.
Pensiamoci.

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Ci siamo svegliati così, stamattina. Un messaggio e la sorpresa di un’uscita sul giornale. La copertina del “nostro” nuovo titolo