Non solo tablet: il Messaggero parla di noi

Un tempo, vite fa, la sua amica, e, all’epoca, collega, Claudia, presentando la futura libraia ai nuovi contatti la introduceva così: “Lei è Daniela e tra pochi minuti scoprirete di avere un amico in comune”. Accadeva regolarmente. E non per caso.  Perché,  lei, l’inconsapevole libraia, emigrante di fatto e per vocazione, si spostava, si muoveva e conosceva persone. Con la sua innata curiosità,  il desiderio continuo di conoscere e sapere, il richiamo irresistibile per la strada, aveva cambiato città e lavori, case e compagnie. Ogni volta aveva intessuto reti e relazioni, di ogni esperienza aveva fatto tesoro, allargando mente e cerchi a di amici. All’epoca, Facebook non esisteva, eppure bastava davvero un nesso minimo per creare un contatto, trovare una relazione e avviare una collaborazione. E mentre passavano gli anni, quella capacità di fare rete aumentava e, a tratti, si specializzava. Beneficiava della sua sensibilità nel cogliere potenzialità inespresse, nelle doti inconsapevoli di motivatore, nella capacità di intuire talenti e possibilità, nel suo interesse per gli altri. Stasera ci vediamo a cena? Sì, ma quanti siamo? Sei (il tavolo non aveva più posti e lei non aveva più sedie) e chi conosco? Conosci me, gli altri ti piaceranno.
Erano così le cene a casa sua. Persone che non si conoscevano e che, poi, diventavano amici e i suoi contatti, contatti di altri. Nascevano progetti e incastri belli e inattesi. In quel periodo  aveva conosciuto quello che sarebbe stato il suo compagno di strada e di quel loro modo naturale e appassionato e spassionato (come si dice al sud) di fare networking, avevano fatto tesoro.
Poi arriva la  libreria. E tutto si amplifica. I bimbi si conoscono a via padova e si riconoscono al parco. Le mamme si ritrovano al mare o in montagna. O a scuola, o in palestra. Amici di amici di amici. Il passaparola corre veloce. La libreria diventa il collante. O il contatto. O il punto di avvio. Come quando arrivano le persone a proporti attività. Alcune consapevoli, altre meno. Alcune timidissime ma piene di talento e di un luogo in cui provarlo. Arrivano. E lei ci crede. E offre uno spazio. Dà fiducia. E stimola. E incoraggia. Così accadono cose belle. Magiche. Come Francesca, che pensava di essere solo un’educatrice e oggi progetta e realizza laboratori o allestimenti che non immaginava possibili. O Pamela, che conosci cliente e poi scopri un mondo. E i primi laboratori li realizza qui. E poi va, per la sua strada, o in altre librerie amiche a cui non puoi che presentarla. Perché le reti servono a questo. A dare e ricevere,  a entrare e uscire, in quel circolo virtuoso dello scambio di competenze e conoscenze. Le reti, quell’intreccio prezioso e stimolante. Le reti, o la rete, che ti fa conoscere da una giornalista, donna non a caso, neo mamma, e che ti chiama e ti fa tante domande. E ti offre uno spazio di visibilità “perché da mamma mi sono accorta che i vostri spazi sono preziosi e vanno resi noti” e il passaparola si amplifica. E non puoi che esserne grata. La rete: quella tessitura di fili che restano tali ma che insieme creano trame. Fitte o larghe, colorate come le storie. Come le pagine che possiamo scrivere solo insieme, noi e voi.

Presentazione libro Il Malacologo

Martedì sera, alle 19.30, ospiteremo la presentazione de #Ilmalacologo, scritto da Lorenza Raponi e pubblicato da Rubettino. Abbiamo conosciuto Lorenza

In tour.

“Da quando faccio formazione, nessuno mai ha definito così bene un opposto” “Grazie a te che dedichi la vita, come

Nero su La Repubblica di oggi

Ci siamo svegliati così, stamattina. Un messaggio e la sorpresa di un’uscita sul giornale. La copertina del “nostro” nuovo titolo